Il progetto ‘Le Alt(r)e Vie del Teatro” promuove e propone un Festival dedicato al poeta Gianni Sacco e all’Oltrepò Pavese, un’isola tra i monti e le colline
Un Festival dedicato a un poeta che all’arte lenta dell’imbastire crocicchi di parole destinate diventare, con gli anni e con la cura meticolosa e amorevole tipica del miglior ‘faber’, poesia, ha dedicato molta parte della sua vita. Questo ha fatto Gianluigi Sacco, nato a Varzi nel 1937 sulle colline dell’Oltrepò Pavese, dove ora riposa (2020). Un poeta paziente, che in quasi trent’anni non ha scritto più di quaranta poesie e che oggi un facile modernismo potrebbe verosimilmente annoverare tra i cantori di un’ammiccante ‘slow-poetry’ della quale allora Sacco, ‘Gianni’ per gli amici, ne risulterebbe involontario antesignano. Ha pubblicato, infine, quattro raccolte: Lo scialle azzurro (Guardamagna, 1987), Canta i paesi tuoi (Mpe, 1995), Vicino a casa (Edizioni E-etCì, 2003), Il vento delle colline (Edizioni clandestine, 2005). Senza urgenza perchè, come ci spiega con intelligenza il poeta e scrittore Giorgio Casali: “per chi scrive di memoria, invece che di pancia, non c’è fretta. Sacco è ‘poeta del libro solo’, quello che rimugina, che lima, che cambia posizione al verso, lo accorcia, lo allunga; che cambia il titolo, aggiunge un punto e una maiuscola: da un libro all’altro la poesia fermenta, cresce, si matura”. Questo lento processo di fermentazione, maturazione e affinamento, comparabile a tutti gli effetti a quello della creazione-costruzione di un buon vino, di cui Sacco era gaudente estimatore, lo ha portato negli anni a farsi cantore di una malinconia struggente, autunnale, barricàta che spesso trasuda dalle sue pagine e che Gianni sa, “con grazia plebea” di contiana memoria , far salire su a inumidirti gli occhi. “Sacco”, commenta Milo de Angelis – altro poeta che lo ha conosciuto, ne ha compreso l’essenza e che, non a caso, firma una breve nota nella quarta di copertina de “Il vento delle colline” – “ci mostra con la densità della sua scrittura, con un verso assorto e cadenzato, la forza di ciò che scompare, un colloquio con le ombre, un mondo di legami familiari assediati dal tempo e dallo scorrere delle stagioni, il sentimento di una natura carica di segnali e di presentimenti, percorsa dalla forza dell’invisibile.” Economie familiari, nonni e violini, nostalgiche genealogie, quotidiane epifanie, lupi e aie assolate, case rovinate e case ancora in piedi, lasciate in eredità, riabitate …. riti antichi, “dimenticate liturgie”, “dimenticata pietà” , ma anche la lontananza dalla terra e dalle stesse colline di cui si sente parte. E ancora: la vita nella metropoli milanese, l’operaismo ferroviario; poi la Grecia, patria della moglie Annì/Antigone, il mito. Un Festival aperto al contributo di chi vorrà aiutarci a farlo nascere e crescere, dedicato non solo alla commemorazione, ma anche e soprattutto a un rilancio poetico e creativo di questa terra, di questi paesi e di queste colline che ‘ancora si struggono di desiderio di mare” e mantengono così sorprendentemente intatta quella segreta grazia antica e accogliente di terra-madre, materna e benevola, che Gianni Sacco ha saputo raccontare e cantare, e che dobbiamo e vogliamo ancora celebrare.