DI CILIEGIE UNA SERA HO PARLATO
BREVE INTRO
‘Di ciliegie una sera ho parlato’ e uno spettacolo in cui alcuni dei preziosi e originali componimenti del poeta varzese Gianluigi Sacco si intrecciano con le canzoni del cantautore Canìs (Daniele Soriani) all’interno di una drammaturgia/regia creata per ’metterli a dimora’ e farli germogliare.
ORIGINE DEL LAVORO
Creato come spettacolo di inaugurazione del festival “Un Sacco di Poesia – Festival di Poesia, Teatro, Arte tra i monti e le colline dell’Alto Oltrepò Pavese” , ‘Di ciliegie una sera ho parlato’ è rimasto nel nostro repertorio malgrado la sua non semplice collocazione e catalogazione (reading poetico, concerto, spettacolo…). All’origine di questo lavoro c’è il desiderio di far conoscere allo spettatore i testi di un poeta sicuramente marginale (“Il poeta è sempre una figura marginale e nello stesso tempo emarginata, A. Zanzotto) e poco noto al grande pubblico, i cui versi ci sono parsi potenti e evocativi al punto da decidere di innestarli con quelli altrettanto suggestivi di un originale cantautore nonché nostro stretto collaboratore (Daniele Soriani, in arte Canìs), e della sua opera prima (Effetto Doppler, Lapilla Record).
Da questa confluenza è nato uno spettacolo che diventa una dichiarazione d’amore al teatro inteso come un qualsiasi luogo che può essere trasformato in un palcoscenico spoglio. Un omaggio dunque e infine, a un maestro del teatro del Novecento, Peter Brook, e a tutte quelle persone assolutamente uniche e originali che hanno saputo trasformare il teatro in un atto poetico e rivoluzionario.
NOTE DI REGIA E DRAMMATURGIA
Gianluigi Sacco è un poeta che all’arte lenta dell’imbastire crocicchi di parole destinate diventare, con gli anni e con la cura meticolosa e amorevole tipica del miglior ‘faber’, poesia, ha dedicato molta parte della sua vita. Questo ha fatto Gianluigi Sacco, nato a Varzi nel 1937 sulle colline dell’Oltrepò Pavese, dove ora riposa (2020). Un poeta paziente, che in quasi trent’anni non ha scritto più di quaranta poesie e che oggi un facile modernismo potrebbe verosimilmente annoverare tra i cantori di un’ammiccante ‘slow-poetry’ della quale allora Sacco, ‘Gianni’ per gli amici, ne risulterebbe involontario antesignano. Ha pubblicato, infine, quattro raccolte: Lo scialle azzurro (Guardamagna, 1987), Canta i paesi tuoi (Mpe, 1995), Vicino a casa (Edizioni E-etCì, 2003), Il vento delle colline (Edizioni clandestine, 2005). Senza urgenza perchè, come ci spiega con intelligenza il poeta e scrittore Giorgio Casali: “per chi scrive di memoria, invece che di pancia, non c’è fretta. Sacco è ‘poeta del libro solo’, quello che rimugina, che lima, che cambia posizione al verso, lo accorcia, lo allunga; che cambia il titolo, aggiunge un punto e una maiuscola: da un libro all’altro la poesia fermenta, cresce, si matura”. Questo lento processo di fermentazione, maturazione e affinamento, comparabile a tutti gli effetti a quello della creazione-costruzione di un buon vino, di cui Sacco era gaudente estimatore, lo ha portato negli anni a farsi cantore di una malinconia struggente, autunnale, barricàta che spesso trasuda dalle sue pagine e che Gianni sa, “con grazia plebea” di contiana memoria , far salire su a inumidirti gli occhi. “Sacco”, commenta Milo de Angelis – altro poeta che lo ha conosciuto, ne ha compreso l’essenza e che, non a caso, firma una breve nota nella quarta di copertina de “Il vento delle colline” – “ci mostra con la densità della sua scrittura, con un verso assorto e cadenzato, la forza di ciò che scompare, un colloquio con le ombre, un mondo di legami familiari assediati dal tempo e dallo scorrere delle stagioni, il sentimento di una natura carica di segnali e di presentimenti, percorsa dalla forza dell’invisibile.”Economie familiari, nonni e violini, nostalgiche genealogie, quotidiane epifanie, lupi e aie assolate, case rovinate e case ancora in piedi, lasciate in eredità, riabitate …. riti antichi, “dimenticate liturgie”, “dimenticata pietà” , ma anche la lontananza dalla terra e dalle stesse colline di cui si sente parte. E ancora: la vita nella metropoli milanese, l’operaismo ferroviario; poi la Grecia, patria della moglie Annì/Antigone, il mito. Oltre a ciò, Gianni è stato anche il mio padrino, mi ha tenuto a battesimo. A lui devo molto. Probabilmente il desiderio di leggere, conoscere, cercare, ascoltare e lasciarsi stupire dalla poesia in ogni sua improvvisa manifestazione me lo ha regalato anche lui. A lui quindi ho sentito il dovere di restituire questo immenso dono, che ho potuto poi rappresentare e restituire grazie all’aiuto di quattro splendide muse e attrici che mettono magistralmente in scena alcuni dei topoi e archetipi strettamente legati alla poesia classica e alla poetica sottostante l’opera di Sacco. Il sorprendente sodalizio che scaturisce infine dall’incontro e dalla commistione delle canzoni di Daniele con i testi di Gianni rendono lo spettacolo un momento di sospensione meditativa simile alla degustazione di un vino, dei suoi sentori, odori, profumi e emozioni.
NOTE DI… ECOLOGIA
Lo spettacolo rientra nel progetto AVT /Le Altre Vie del Teatro – Per un Teatro Ecologico, finalizzato alla promozione e creazione di reti e eventi culturali sostenibili sulle alte e altre vie del teatro. Un teatro in grado di sviluppare eventi e performances sostenibili e a bassissimo impatto ambientale, in cui tutte le soglie inquinanti generate dall’attività antropica possano essere gestite al fine di lasciare i siti dove gli eventi hanno avuto luogo, in condizioni uguali o migliori di come sono stati trovati. Per questo lo spettacolo, qualora venga rappresentato in spazi chiusi e serali potrà essere illuminato, dove possibile, da luci solari a bassissimo impatto ambientale. Un piccolo gesto per la promozione di un futuro sempre più sostenibile.
Scarpanō Teatro e Metodi Attivi